La ferrovia Roma nord

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Ferrovia Roma Nord

 

Dai racconti dei pendolari degli anni sessanta 

Gianfranco Lelmi

  

Anche ieri, parlo degli anni sessanta, una domanda che è di attualità,  “dove sono finiti i due miliardi di lire o poco meno che la Roma Nord  ha avuto come sovvenzioni in questi anni?

Questo è uno dei tanti “passaggi” che risaltano leggendo un serie di articoli pubblicati sull’Unità,  domenica 17 novembre del 1963 sulla Ferrovia Roma Nord.

Scorrendo le lamentele de viaggiatori, sembra di essere ai nostri giorni (anno 2013), le frasi che ricorrono di più sono: “il treno è un immondezzaio, sono carrozze o carri bestiame?”

Un muratore di Riano raccontava che prendeva il treno due volte al giorno da circa sette anni, per effettuare il viaggio, proseguiva, si impiegano tre quarti d’ora che trascorrono quasi sempre in piedi e pigiati come sardine. Si viaggia come bestie, proseguiva l’interlocutore, i soldi li vogliono, con quello che paghiamo di abbonamento, potrebbero comperare dei convogli uguali a quelli della metropolitana. Un mattonatore, uno scrittore, un operaio di Prima Porta, evidenziavano la scomodità delle vetture, la durezza dei sedili in legno, l’assalto al treno che si verificava a Piazzale Flaminio, la scarsità delle corse, le lunghe attese per ritornare a casa, gli scossoni del treno, il cigolio delle vetture che sembrava che dovessero  “sconquassarsi” all’improvviso, le continue soste improvvise della durata anche di due ore per tuoni o pioggia. Da diciotto anni (dal 1945), proseguiva un altro viaggiatore sopra menzionato, non è cambiato niente, da allora sembra che neanche la pulizia dei convogli sia stata effettuata, le stazioni sono cadenti e mancano le pensiline per ripararsi dalla pioggia.

I pendolari di Rignano Flaminio non sono meno duri. Un muratore, un lavoratore edile, un impiegato dello Stato, un operaio, ci descrivevano il loro calvario quotidiano.  Uno di loro evidenziava che l’abbonamento costava 5.300 lire al mese (anno 1963)  per trenta chilometri, una cifra esorbitante che non corrispondeva al servizio. I ritardi non si contavano, specie con la pioggia, pochi mesi fa, raccontava un utente della ferrovia siamo rimasti sul treno otto ore e trenta. Vestiti rovinati, immondezzaio vagante, vetture stracariche, pioggia all’interno delle vetture, mancanza di riparazioni. Una vettura con la capienza  di sessantadue persone, arrivava a trasportarne duecento, si viaggiava su una tradotta ed il costo a viaggio di 380 lire da Riano a Roma era una spesa consistente. Molti pendolari dovevano sopportare anche le multe del datore di lavoro per i ritardi dei treni.

Era tanta la ressa dei viaggiatori che il personale non riusciva a controllare i biglietti, in certe stazioni la gente rimaneva a terra poiché le vetture sono stracariche. I sedili in legno “trasudavano sporcizia”, e si respirava cattivo odore.

A Castelnuovo di Porto, raccontava un lavoratore edile la società che gestisce la linea ferroviaria non ci ha rinnovato gli abbonamenti settimanali, “forse per paura di rimetterci”.

Quando parto, aggiungeva il pendolare, il treno “è” pieno ed ad ogni nuova fermata la gente vuole salire.

Proteste dei pendolari, intervento dei sindacati, un convegno a Morlupo indicavano come soluzione la revoca della concessione al gestore della linea che allora era la Società Romana per le Ferrovie del Nord (SRFN).

 

15.03.2013

 

Fonti:

L’Unità                       domenica 17 novembre 1963

Comitato Pendolari Ferrovia Roma Nord